L'Italia
è il 49º produttore mondiale di petrolio per quantità (0,1% del
totale), paragonata ai principali paesi produttori possiede modesti
giacimenti di petrolio, tra cui quello della Val d'Agri (Basilicata), il più grande dell'Europa continentale[1][2]. L'Italia possiede anche alcuni giacimenti di gas naturale.
Nel sottosuolo italiano è stimata la presenza di riserve sicure e
documentate ancora da estrarre per 800 milioni di barili di greggio e
150 di metano. Inoltre, sarebbero presenti altri giacimenti con un
potenzialità compresa tra i 400 e gli 800 milioni di barili di petrolio e
da 120 a 200 miliardi di metri cubi di gas naturale.
Al 31 dicembre 2012 sono vigenti e rilasciati da Direzione Generale per le Risorse Minerarie ed Energetiche del Ministero dello Sviluppo Economico
115 permessi di ricerca (94 in terraferma, e 21 in mare) e 200
concessioni di coltivazione (134 in terraferma e 66 in mare) che si
concentrano in Emilia-Romagna, Lombardia e Basilicata, in mare,
l'attività e' sviluppata soprattutto nel mar Adriatico, Ionio e nel Canale di Sicilia [3]. Sono inoltre attivi 10 campi di stoccaggio di gas naturale,
tutti ubicati in terraferma su giacimenti naturali ormai depletati del
loro contenuto originario di gas, causa loro sfruttamento negli anni
passati, a fronte di 15 concessioni di stoccaggio di gas rilasciate[4]. Il gettito delle royalties per l'anno 2012 è stato di 333.582.602,81 euro [5][6].
Nel 2009 la produzione italiana di petrolio è ammontata a 42.6 milioni
di barili, pari a circa 116.712 barili al giorno, derivante da
Basilicata (74%), campi offshore (con un peso del 13%), Sicilia (9%) e
Piemonte (2%).
La scoperta del petrolio in Basilicata ha origini lontane. Nei primi
anni del ‘900 iniziano le prime attività di ricerca in Val d’Agri,
l’area più importante, dove attualmente sono situati i maggiori
giacimenti di idrocarburi di tutto il Paese. I primi studi si concentrano a Tramutola in provincia di Potenza dove il petrolio affiorava naturalmente.
Intorno agli anni ‘30 il governo istituisce l’Azienda Generale
Italiana Petroli, AGIP, e inizia la vera e propria attività di
esplorazione che, tra il 1939 e il 1947, porterà alla realizzazione dei
primi 47 pozzi. All’epoca il bacino di Tramutola garantì una produzione
di circa 100.000 barili di olio e di 7 milioni di metri cubi di gas.
Negli anni i consumi variano e oltre all’illuminazione pubblica e
domestica la diffusione dei motori a scoppio coinvolgerà rapidamente il
mondo dei trasporti e il settore agricolo e industriale.
Finita la seconda guerra mondiale, l’attività di esplorazione petrolifera si avvalse delle prime prospezioni geofisiche e
iniziò una nuova campagna di ricerca con risultati poco significativi:
nonostante la grande profondità raggiunta (2.000 metri) non si riuscì a
raggiungere la roccia serbatoio degli idrocarburi.
I primi risultati positivi si ottennero quando si resero disponibili
le moderne tecniche di prospezione sismica digitale sviluppate negli
anni ’70. A quel punto l’attività esplorativa riprese con maggiore
intensità e portò alla scoperta del pozzo di Costa Molina e poi di
Caldarosa e di Tempa Rossa.
I ritrovamenti in Basilicata costituiscono il più grande giacimento
petrolifero d’Europa onshore e con circa 40 pozzi di produzione in Val
d’Agri garantiscono l’80% della produzione nazionale di petrolio.
Sintesi delle attività E&P in Basilicata.
Fonte: Wikipedia
Fonte: Petrolioegas.it
In tanti si chiedono giustamente se una Regione come la nostra con questa ricchezza di valore Nazionale, nonchè europeo, non meriti un contributo importante da investire nella realizzazione di infrastrutture tali da creare occupazione ai tanti giovani disoccupati e che molto spesso sono costretti ad abbandonare la loro terra alla ricerca di un futuro migliore. Piuttosto che riconoscere quantitativi miserevoli in bonus carburante penso siano più importanti dei bonus per la vita.
Fonte fotografica: vocearancio.ingdirect.it
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