venerdì 26 aprile 2013

Ogni famiglia è un dono

Cara famiglia.
Non importa di quante persone tu sia composta; non importa l'età di chi in te vive...Importi tu.
Come sempre e più di sempre. Importa la tua storia, con la quale ti presenti ogni giorno al mondo.
Importano le persone che ti compongono, ciascuna presa per sè e tutte, nel loro insieme.
Cara famiglia:
questa piccola lettera è per te, nel tuo insieme; vorrei che tu la leggessi mentre sei unita o che trovassi un'occasione di unità proprio per leggere queste poche pagine. Non porteranno via molto tempo a nessuno dei tuoi membri e, spero, daranno un briciolo  di riflessione a ciascuno.
1.
La Chiesa  ritiene sia importante riflettere su un tema difficile come l'educazione. E tu, famiglia, dell'educazione sei davvero il luogo principe. Un'educazione presa nel suo senso più grande e profondo, nel suo senso letterale: "e-ducare" è una parola che viene dal latino e significa "portar fuori", "portare alla luce".
L'educazione è quella particolare attività dell'uomo che permette di portare alla luce ciò che già è in noi, nascosto, non ancora rivelato.
L'educazione è quindi l'opera più straordinaria che si possa compiere: aiutare ciascuno a "portare alla luce" il meglio di sè.
Cara famiglia,
questo è la tua benedizione: che ciascuno di coloro che in te vivono, esprima il meglio di sè, sia aiutato a tirar fuori il suo splendore, la meraviglia che ognuno porta in sè.
2.
Educare sì, ma chi? Chi aiutare a tirar fuori il meglio? Noi tendiamo quasi sempre a pensare che possiamo o dobbiamo educare qualcun altro. Invece il primo da educare sono io stesso. L'educazione in famiglia parte da sè. Un buon padre, una buona madre, un buon nonno, una buona nonna, un buon figlio e una buona figlia devono innanzitutto preoccuparsi di educare se stessi. Io sono il mio primo educatore, dal momento in cui ho il dono della ragione. E se imparo ad educare me stesso, ecco che posso compiere il secondo passo: educare chi amo e lasciarmi educare da chi amo. Non c'è educazione senza amore. E non c'è amore senza fiducia.
Cara famiglia:
la tua seconda benedizione nasce dalla fiducia che i tuoi membri hanno in se stessi e in chi vive accanto a loro.
3.
Ma l'educazione è fatica! Oh, sì. L'educazione (sia di sè che degli altri) è fatica, perchè è lotta, scontro, scavo, generazione... Ogni educazione  (di sè e degli altri) è una gestazione e il suo fine è il parto. Lo conoscono bene, questo percorso, le donne che hanno atteso e generato un figlio: lo hanno educato già allora, preparandolo a "uscire da sè"; e hanno educato se stesse, preparandosi a perdere quel figlio che era dentro di loro. L'educazione è dunque simile a quel percorso: dura più di nove mesi, è lunga tutta una vita; è spesso un travaglio, ma è anche la gioia dell'attesa di scoprire quale volto avrà colei o colui che stiamo generando alla vita adulta (ed eterna). Lo sapevano, di questa fatica dell'educare, anche Maria e Giuseppe, i genitori di Gesù: educarono se stessi per poter essere in grado di comprendere il mistero del loro figlio; ma educarono anche il loro figlio - benchè egli fosse il figlio di Dio! Non è straordinario che il figlio stesso di Dio abbia avuto bisogno , diventando uomo, di essere educato da una famiglia umana?
Cara famiglia:
questa è la terza benedizione ; che ciascuno dei tuoi membri sia educato e si faccia educare come se fosse il figlio stesso di Dio (non è forse esattamente questo che siamo con il Battesimo? Figli di Dio: educhiamoci ad esserlo!).
4.
L'educazione, che nasce con fatica, ha bisogno continuo dell'esercizio del perdono. Ogni famiglia lo sa perfettamente: senza il perdono , la riconciliazione, nessun nucleo familiare reggerebbe.
Perdono che si declina in mille sfumature: accoglienza dell'altro, perdita e ritrovamento, superamento del proprio orgoglio, volontà di restare insieme, memoria del bene anche quando si vede solo il male...
Nel Vangelo Gesù ci ha ricordato questa dinamica con la parabola del padre che ama (molti la chiamano del "figlio prodigo", ma il vero protagonista è il padre): costui regge la relazione di tutti; è immagine di Dio Padre, ma forse ancora di più è immagine della famiglia come Dio la pensa: Padre che dona, che perdona, che accoglie, che consola, che ama entrambi i figli come figli e non come servi!
Cara famiglia,
ecco la quarta benedizione: che in te domini sempre il perdono, capacità di accogliere nonostante l'errore, di sopravvivere nonostante il male, di accettare le differenze di ciascuno dei tuoi membri tra loro, di crescere nonostante gli infantilismi dei tuoi membri, di somigliare al padre che non teme di donare se stesso.
5.
Ancora un piccolo pensiero (ma solo perchè non voglio tediarti e qui lo spazio è poco): educare la famiglia significa anche "condurla fuori da sè"; portarla alla luce verso qualcosa di altro.
La famiglia non vive per se stessa, come qualcosa che conclude in sè il mondo (che tristezza, quando si riduce a quarttro mura, a relazioni chiuse): la famiglia è un luogo che si spalanca al mondo, un nucleo, una cellula che continuamente incontra altri nuclei, altre cellule e compone quel corpo straordinario che è l'umanità. Guardare oltre i brevi confini delle nostre mura domestiche; vedere che gli spazi del mondo, le storie del mondo non sono solo quelle dell'angusto schermo del televisore, ma sono quelle vere, di cui pullula l'universo. Storie di donne e di uomini come noi, con i nostri medesimi bisogni, con le loro capacità di darci aiuto e la grande necessità di chiedercelo. Il mondo è grande; perchè non gustarsi questo dono?
Cara famiglia,
 la quinta benedizione è dunque questa: non avere paura del mondo; non temere il diverso, l'altro, lo straniero; pensa che anche tu per qualcuno sei straniero, e prega che nessuno ti tema, così da non dovere tu stesso temere gli altri. Che l'amore e la fiducia che in te si respirano diventino amore e fiducia che nutrono il mondo.
6.
Un passo, infine, per giungere alla preghiera:. Senza il pensiero che sale a Dio, insieme, in comune, è difficile apprendere cosa significhi comunità.
Una famiglia che prega è il luogo in cui i membri sono educati a essere Chiesa. Non per caso, nella tradizione cristiana, il nucleo familiare è detto "piccola Chiesa", "Chiesa domestica". La preghiera è certo un gesto interiore, ma è anche una liturgia che abbraccia l'universo.
Gesù ha detto che, quando si prega, bisogna chiudersi nella propria stanza; ma ha anche detto che dove due o tre sono riuniti nel suo nome, egli è con loro.
Cara famiglia,
ecco il senso della preghiera che possiamo fare insieme: dare voce alla presenza di colui che , educando se stesso con la morte di croce - come dice la lettera agli Ebrei: "imparò dalle cose che patì", ci invita a crescere in età, sapienza e grazia.
Fonte: Piemme Direct - Mondolibri Spa


Fonte fotografica: roma.repubblica.it

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